Correre scalzi per ridurre lo stress

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Negli Stati Uniti lo chiamano ‘barefoot running’ e, negli ultimi anni, sta avendo un successo crescente. Correre come se si fosse scalzi, emulando Abebe Bikila (oro nella maratona alle Olimpiadi di Roma), è la nuova frontiera per ridurre l’incidenza di stress e traumi alle strutture osteo-articolari.

LA NATURALEZZA DEL ‘BAREFOOT’ – Come sappiamo, i nostri antenati si sono evoluti nel proprio ambiente senza ricorrere alle calzature per migliaia di anni. La naturalezza di questo gesto è il principio su cui si basa il ‘barefoot running’: di recente, è stata smentita la credenza per cui, correndo scalzi, si scarichi il peso sull’avampiede più di quanto avvenga con le scarpe da running che, tramite la suola ammortizzata, ‘caricherebbero’ maggiormente il tallone. E’ anche questo il motivo per cui oggi si sono diffusi dei modelli di scarpe che, contrariamente a quelli più iperprotettivi, simulano l’andatura a piedi nudi.

CADONO I FALSI MITI – I vantaggi? Innanzitutto si evitano i traumi alle articolazioni e gli infortuni da sovraccarico. Come spiega un esperto del settore, Filippo Pavesi, la protezione che fornisce la nuova generazione di scarpe è minimale e si limita a evitare le abrasioni alla pianta del piede. In questo modo, il runner solleciterà maggiormente il centro del piede, con conseguente minore estensione del ginocchio. Alcuni studi confermano che, a lungo andare, si assiste a una riduzione di complicanze quali fasciti plantari e l’infiammazione al tendine d’Achille. Insomma, crollano i falsi miti sull’argomento: tuttavia, prima di passare a queste calzature ‘minimaliste’, è bene parlarne con un esperto e valutare assieme come approcciarsi al ‘barefoot running’ senza inficiare il nostro stile di corsa.

Il team di RunningMania

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