Quando l’ansia sale in quota

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Succede anche agli atleti più esperti: anche se ci si prepara perfettamente e si prendono tutte le precauzioni possibili, a volte la quota può giocare brutti scherzi. Occorre capire però se si tratta realmente degli effetti collaterali dell’altitudine o se è semplicemente ansia pre-gara.


Tutti gli esseri viventi tentano di adattarsi ai cambiamenti che avvengono nell’ambiente circostante. Com’è noto, man mano che l’altitudine aumenta la pressione atmosferica diminuisce, ciò comporta il rischio di essere esposti ad ipossia. Per star bene in quota è necessario dunque che si verifichino quell’insieme di adattamenti compensatori che prendono il nome di acclimatazione. Sebbene non siano necessari laboriosi e lunghi processi di acclimatazione come quelli richiesti per scalare le quote himalaiane, anche per essere performanti a quote medie serve un po’ di adattamento. Se si tiene alla prestazione dunque è consigliabile programmare l’acclimatazione ancor prima di eseguire una prova impegnativa o di cimentarsi in una gara in media o alta montagna.
Tuttavia vi sono anche dei casi in cui i processi di adattamento naturale sono messi a dura prova da fattori del tutto emozionali.


La mente infatti può ostacolare e complicare dei processi di adattamento in genere molto semplici. Alla vigilia di una scalata spesso molte persone dormono male oppure soffrono di nausee continue, confondendo gli effetti dovuti alla quota con quelli dovuti all’ansia. I trailer più ansiosi spesso tendono a confondere e sovrapporre ansia pre-gara ed effetti dell’altitudine, che divengono un mix letale ai fini della prestazione sportiva.

Il team di RunningMania

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