L’egoismo del runner, realtà o mito?

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L'egoismo del runner, realtà o mito?

La filosofia del runner spiegata ai profani.

A prescindere dalla propria condizione di runner per passione o di runner professionista, chiunque pratica questo sport assiduamente e da diverso tempo si sarà sentito dare del narciso almeno una decina di volte. Il perché è presto detto: la filosofia di correre è indubbiamente un po’ narcisista, dal momento che presuppone una fierezza, un orgoglio e un’ostentazione che tuttavia non sono mai fini a se stesse come potrebbero sembrare, bensì rappresentano in un certo senso quello che è lo spirito più profondo di questo sport. Correre, infatti, è motivo di fierezza per gli enormi sacrifici che impone questa disciplina, per le piccole e grandi rinunce di tutti i giorni e per l’intransigenza con cui spesso si sceglie di allenarsi anche quando non ci si sente nel pieno delle proprie forze.

L'egoismo del runner, realtà o mito?

Correre è anche motivo di orgoglio perché, per quanta fatica costi e per quante ore di duro allenamento ci vogliano, ogni traguardo raggiunto è una conquista di inestimabile valore: non occorre essere runner da una vita, bastano pochi mesi di allenamento serio e appassionato per comprendere che la vita di un atleta che pratica questo sport è fatta di piccoli step, di obiettivi via via sempre più importanti e ambiziosi che costituiscono un crescendo di tutto; di entusiasmo, di volontà, di sacrificio e non da ultimo di determinazione. Un simile stato d’animo può forse essere definito narcisista, come sostengono in molti? E ancora, la filosofia del runner e la stessa del narciso, ovvero colui che si osserva allo specchio compiacendosi di quel vede, senza peraltro vedere nessun altro?

Dipende dai punti di vista. Perché sì, la filosofia del runner prevede anche un certo grado di ostentazione tipicamente narcisista, e ciò è più che mai evidente dalle foto che gli atleti pubblicano in gran numero sui social network. Foto che li ritraggono sudati, accaldati ma felici, intenti ad alzare una coppa o semplicemente nell’atto di raggiungere il traguardo, a pochi metri dall’agognato obiettivo. Scatti che postano e che per primi commentano, rispondendo poi ai commenti degli amici e pavoneggiandosi come dei veri narcisi. Eppure nel running anche questo è lecito perché in un certo senso è una forma di rivalsa contro tutti quelli che non comprendono, né comprenderanno mai, cosa c’è dietro una gara vinta, un traguardo tagliato, un obiettivo a lungo rincorso e finalmente raggiunto.

L'egoismo del runner, realtà o mito?

Non tutti capiscono perché ci si danna, perché ci si sacrifica e si sacrificano a volte anche gli altri, la vita affettiva e famigliare che invece nella morale comune dovrebbe avere la precedenza. Il runner dunque è anche egoista? Forse è vero anche questo, ma quel che è certo è che correre è ben più di uno sport: è uno stile di vita, è un’attitudine, è qualcosa a cui non si può sfuggire. E molti runner non conoscono altro modo di vivere che non sia correre, correre e ancora correre. Anche perché – e questo solitamente viene trascurato da chi giudica dall’esterno e pensa di sapere tutto – il running non presuppone sono uno sforzo fisico, ma anche un notevole impegno mentale. In altre parole è questione di testa, oltre che di fisico. E mentre si corre non si è avulsi da se stessi, non ci si riduce al corpo ma al contrario si pensa, si riflette e si riesce a mettere ordine persino nei pensieri più confusi.

 

 

Il Team di RunningMania