Tutta la verità sull’acido lattico

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L’acido lattico è la bestia nera di un po’ tutti gli atleti, in particolar modo dei runner. Chi corre, infatti, conosce fin troppo bene la sensazione d’indolenzimento che si prova il giorno dopo un allenamento particolarmente intenso o una corsa sfiancante.

In realtà, tuttavia, quanto detto finora – che poi è quanto tutti sanno sull’acido lattico – non è propriamente esatto. L’acido lattico deriva dal metabolismo anaerobico lattacido, ovvero il metabolismo in mancanza di ossigeno, quando cioè si svolgono attività di resistenza, che hanno come scopo quello di sviluppare il muscolo e abituare l’organismo a sostenere sforzi prolungati nel tempo, facendo sì che cuore e fegato riescano a metabolizzare uno dei prodotti principali di tale attività sportiva, ovvero l’acido lattico. Se l’acido lattico prodotto è troppo, però, finisce nei muscoli, determinando l’indolenzimento e in alcuni casi più estremi anche i dolorosissimi crampi. O almeno così dice la letteratura scientifica. In realtà i muscoli sono indolenziti non per via dell’acido lattico, bensì dello sforzo intenso a cui sono stati sottoposti, al quale consegue un aumento della produzione di testosterone e conseguentemente di massa muscolare. Non solo: lungi dal peggiorare la prestazione agonistica di un atleta, la presenza di acido lattico al contrario la migliora, perché cuore e fegato metabolizzano questa sostanza trasformandola in energia brucia-grassi. E se è vero che gli atleti in grado di sopportare sforzi maggiori in genere producono meno acido lattico degli altri, è anche vero che il loro organismo riesce a sfruttarlo meglio, trasformandolo per la maggior parte in energia funzionale agli sforzi sportivi.

Il team di RunningMania

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