Running e infortuni: la pratica errata dell’autodiagnosi e le sue conseguenze

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Molto spesso i runners, di fronte a un dolore improvviso, privilegiano l’autodiagnosi anziché affidarsi ad un esperto: e invece sbagliano, finendo per aggravare il problema.

Chiunque abbia praticato almeno una volta il running, a livello agonistico o semplicemente amatoriale, sa bene che un infortunio è sempre dietro l’angolo: tuttavia, ciò che distingue un corridore dall’altro è il modo in cui si reagisce a questa eventualità e si cerca di porvi rimedio. Spesso, infatti, indipendentemente dal grado di esperienza o dal contesto, molti runners tendono a sottostimare un dolore improvviso o un disturbo che ne inficia la corsa. La cosiddetta pratica dell’autodiagnosi è molto diffusa ma, stando ad alcuni dati, in molti casi conduce a degli errori di valutazione e, anziché apportare dei benefici, finisce per peggiorare il problema: e così anche il ricorso ad un medico dello sport si rivela oramai tardivo.

Running e infortuni: la pratica errata dell'autodiagnosi e le sue conseguenze

I RUNNERS E GLI INFORTUNI

Quello degli infortuni è uno degli argomenti più dibattuti nel mondo della corsa: a volte, una distorsione o uno strappo muscolare diventano per chi corre una sorta di rito iniziatico” e per alcuni non si è davvero un runner se non ci si è infortunati almeno una volta. È anche questo il motivo per cui la tendenza di molti è quella di voler fare sfoggio della propria competenza sull’argomento, cercando di diagnosticare da soli il problema e ricorrendo a un esperto solo nei casi più gravi. Niente di più sbagliato: come testimoniato da alcune indagini, quella che viene chiamata autodiagnosi si rivela errata in due casi su tre e non è di alcun giovamento al corridore, finendo per accentuare un problema che si sarebbe potuto risolvere affidandosi subito ad un esperto.

LA METAFORA DEL MOTORE

Spesso, i medici dello sport si trovano di fronte a casi di infortuni nati da banali fastidi e che vengono diagnosticati male da chi corre. In mancanza delle necessarie competenze per interpretare alcuni segnali del proprio corpo e capire quale sia la vera origine di un problema, molti corridori decidono di ricorrere a uno specialista solamente quando si rendono conto che i rimedi da loro adottati si sono rivelati inutili, se non addirittura dannosi. Si tratta, a ben vedere, di un atteggiamento inspiegabile: di solito, quando si nota un problema alla propria automobile ci si affida a un meccanico, mentre quando entra in ballo il corpo umano e la sua fisiologia (certamente più complessa del motore di una macchina) paradossalmente prevale la tendenza a improvvisarsi esperti e a fare da soli.

Running e infortuni: la pratica errata dell'autodiagnosi e le sue conseguenze

ASCOLTARE I SEGNALI DEL CORPO

Ad ogni modo, per evitare questo genere di errori si può quantomeno imparare ad “ascoltare” il proprio fisico e adottare dei semplici accorgimenti, senza però la presunzione di fare autodiagnosi. Ad esempio, un dolore improvviso e avvertito distintamente è l’indizio di un problema serio (uno strappo muscolare oppure una lesione ai legamenti), mentre per quanto riguarda un’infiammazione il fastidio può presentarsi in maniera più subdola e progressiva. In queste situazioni il corpo sta inviando un segnale che non va sottovalutato e il consiglio generale è quello di fermarsi, evitando di “correrci sopra” come si dice in gergo. D’altronde, non tutti hanno la resistenza di Giorgio Calcaterra (campione del mondo dei 100 km nell’ultramaratona ed entrato nel Guinness dei Primati), capace di correre due maratone in un giorno e di riuscire a trascurare anche i piccoli infortuni.

 

 

Il Team di RunningMania